L'UOMO SENZA PAURA

 

N° 68

 

GLI STATI UNITI CONTRO ELEKTRA NATCHIOS

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            La sede della Corte Federale per il Distretto Sud dello Stato di New York si trova al n. 500 di Pearl Street ed è in una delle sue 44 aule che oggi si discute un caso particolare. L’imputata è una cittadina greca naturalizzata americana. Il suo nome è Elektra Natchios ed è accusata di decine di omicidi su commissione in tutto il territorio degli Stati Uniti e all’estero. È stata catturata a Las Vegas, Nevada, e non si è opposta all’estradizione. Oggi è la prima udienza del suo processo e lei siede silenziosa accanto al suo difensore, Timothy Byrnes. Al banco dell’accusa un assistente speciale nominato appositamente per questa causa… speciale in più di un senso.

-Le parti sono pronte?- chiede il Giudice Lewis.

-La Difesa è pronta Vostro Onore.- scandisce Byrnes.

-L’Accusa è pronta ad iniziare.- dico io.

            C’è chi parla di me come uno dei migliori avvocati della Nazione e chi loda il modo in cui ho saputo superare la mia cecità e farmi strada nella vita.

            Sento lo sguardo di Elektra su di me. Una volta amavo quella donna, ma senza che nessuno nell’aula lo sappia a parte lei, sono anche l’uomo che l’ha consegnata alla Giustizia nei panni di Devil ed ora il mio compito è convincere una giuria a condannarla.

            Mi chiamo Matt Murdock sono un avvocato e stavolta lavoro per la Pubblica Accusa.

 

            L’espressione stupita sul volto di Dakota North non potrebbe essere più eloquente mentre esclama:

-Tu vorresti il mio aiuto? TU?-

-Esattamente.- replica tranquillo, suo padre Stephen J North, Sam per gli amici -Ho bisogno del tuo aiuto.-

-Devi aver voglia di scherzare. Io aiutare te? Non ti manca il senso dell’umorismo. Beh… ora che hai detto la tua battuta te ne puoi anche andare.

-Dakota…- interviene Robert Diamond –Stallo almeno a sentire prima.-

            Dakota gli rivolge uno sguardo che intende chiaramente dire: fatti gli affari tuoi ma intanto Sam North ne approfitta per continuare:

-Tu sai che sono l’agente di collegamento tra la C.I.A. e la Task Force Congiunta Antiterrorismo dell’F.B.I. e della Polizia di New York. Sono sicuro che ci sono degli agenti corrotti ma non posso fidarmi di nessuno. Ho bisogno di qualcuno che indaghi per conto mio, qualcuno che so che non mi tradirebbe mai… qualcuno come te, figliola.-

            L’espressione di Dakota non cambia.

-Bene… hai detto la tua ora puoi andartene.-

            Sam North non prova nemmeno a discutere. Si alza ed imbocca la porta. Dakota lo guarda uscire, poi si dirige in cucina e tira fuori da uno scaffale una bottiglia di scotch e se ne versa un bicchiere.

-Non credo sia una buona idea.- le dice Bob.

-Pensi di essere il mio guardiano?- replica lei dura.

-E tu pensi che te ne serva uno?-

            Lei lo fissa senza parlare, poi poggia il bicchiere sul ripiano.

-Che c’è tra te e lui?- chiede Bob –Ne vuoi parlare? Forse ti farebbe bene.-

-Sei un caro ragazzo Bob.- replica Dakota –Ma non so se è il caso di opprimerti con gli sporchi affari della mia famiglia.-

-Beh… quando vuoi, io sono qui.-

            Per la prima volta da che è tornata a casa, sul volto di Dakota appare un sorriso.

            Né lei né Bob fanno caso al rumore di un’auto lanciata a tutta velocità che proviene dalla strada sottostante. Perché dovrebbero interessarsene?

 

            Quando entro nella Palestra Fogwell per me è come fare un salto nel passato. C’è stato un tempo in cui questa era la mia casa ed il pugilato l’unico futuro a cui potessi pensare, poi mi spararono e rimasi tra la vita e la morte per molto tempo. Curioso cosa può accadere quando passi il tuo tempo in un letto di ospedale a riflettere sulla vita ed un sacco di altre cose.

                Quando uscii dall’ospedale non tornai in palestra ma filai in seminario e quando rimisi piede nel mio vecchio quartiere ero un sacerdote. Ai tempi di mio padre e di mio nonno si diceva che un ragazzo irlandese di Hell’s Kitchen avesse solo tre strade nella vita: diventare un gangster, un poliziotto o un prete, a quanto pare, non sono sfuggito al destino.

                Pop Fenton, il gestore della palestra e mio vecchio allenatore mi vede e mi saluta:

-Kid… voglio dire: Padre che piacere…-

-Piantala Pop.- lo rimprovero bonariamente –Lo sai che non devi essere formale con me. Chiamami pure Kid… mi ricorda i vecchi tempi.-

-E li rimpiangi mai? Non ti brucia non aver mai conquistato il titolo?-

                Bella domanda. Mi costringe a riflettere un po’ prima di rispondere:

-Qualche volta ci penso, lo ammetto… ma no: sono felice della scelta che ho fatto.-

                Mi chiamo Sean Patrick Gawaine e sono un prete cattolico.

 

 

2.

 

 

            L’arresto di Elektra Natchios è una notizia importante ma meno di quanto si potrebbe credere. Fuori dall’ambito ristretto in cui operava il suo nome era poco conosciuto se non come quello di un’ereditiera greca di cui perfino le riviste di gossip trovavano con difficoltà qualcosa da scrivere. La cosa è comprensibile: l’attività di sicario a pagamento non la metti sul tuo biglietto da visita.

            Mi chiedo se mi chiameranno a testimoniare su quella volta che quasi mi uccise per ordine di Kingpin[1]ma ne dubito: non sarei abbastanza affidabile per il riconoscimento. Dopotutto mi ha assalito di spalle ed io davvero non l’ho vista. In ogni caso, pare che abbiano abbastanza prove per tenerla dentro a vita se non per condannarla a morte. Sempre che alcuni dei suoi committenti non pensino che sia troppo pericoloso tenerla in vita… nel qual caso dovrei aver paura per loro: Elektra non è facile da uccidere e nel caso ci si riesca, non è detto che resti morta a lungo.

-Urich, non ti pago per sognare ad occhi aperti. Hai finito l’articolo?-

            A parlare è stato il mio capo: l’editore del Daily Bugle e di altri periodici d’informazione J. Jonah Jameson. Non esattamente l’uomo più amabile del mondo, ma onesto… anche se un po’ a modo suo. Gli altri editori se ne stanno comodi nei loro uffici ma lui preferisce sporcarsi le mani tra i giornalisti e la cosa non mi dispiace affatto.

-L’ho appena finito Jonah.- replico –Vuoi leggerlo?-

-Uhmf… non è necessario. Mi auguro che tu abbia controllato bene le tue fonti stavolta.-

-Lo faccio sempre Jonah.-

-Non badargli, Ben…- mi si rivolge Robbie Robertson -… lo conosci: se non brontola un po’ non è contento.-

            Joseph “Robbie” Robertson è probabilmente il miglior direttore che ogni giornalista vorrebbe avere: l’integrità fatta persona. Ho sentito dire che in gioventù avrebbe fatto il pugile per pagarsi gli studi. Può essere vero e spiegherebbe il naso un po’ rincagnato ma non sono affari miei.

-Te la senti di seguire il processo Natchios, Ben?- mi chiede Robbie –So che tu e lei non avete bei trascorsi.-

-Beh… non posso dire che mi piaccia essere trafitto da un’arma giapponese… ma dopotutto sono ancora qui per raccontarlo. Non ci sono problemi Robbie.- rispondo.

            E spero che non siano le classiche ultime parole famose.

 

            Quando entro nella stanza di Foggy Nelson all’Howard E. Stark Memorial Hospital lo trovo a letto, seduto. Il suo cuore accelera i battiti nel vedermi. È a disagio per qualche motivo.

-Ciao Matt.- mi saluta –Sono contento che sei venuto.-

-Sarei venuto a trovarti comunque.- gli rispondo –Anche se confesso di essere curioso sul perché tu mi abbia chiesto di venire il più presto possibile.-

            I miei supersensi, gli stessi che compensano la mia cecità, mi dicono che è imbarazzato e non posso non chiedermi perché… anche se ho qualche sospetto al riguardo.

-Si tratta di Elektra.- dice infine –Sarà un processo difficile. Me ne sarei occupato personalmente ma non posso farlo in queste condizioni e Kathy Malper deve tener dietro ai suoi casi e ai miei. Ho deciso di nominare un pubblico ministero speciale… tu.-

-Io?- esclamo –Foggy… non puoi chiedermelo. Tu sai che io e Elektra eravamo…-

-Lo so molto bene, ma tu sei l’unico di cui possa davvero fidarmi, Matt e so che tratterai la questione con giustizia.-

            Che dovrei rispondere? Sono troppo coinvolto e non sarei mai un buon difensore per Elektra, potrei essere l’accusatore adatto? Il buon senso suggerisce una sola risposta ma non sono famoso per dare sempre retta al buon senso e Foggy lo sa bene.

-Accetto.- rispondo –Ma a due condizioni: non chiederò la pena di morte e avrò piena libertà nel condurre il processo e di servirmi di collaboratori di mia scelta.-

            Foggy non perde nemmeno tempo a pensarci e risponde:

-Accettate entrambe. Passa dal mio ufficio e ti daranno tutte le credenziali scritte che ti servono.-

            Mi ha decisamente incastrato.

 

            Quando apre la porta di casa Dakota North non ha bisogno di particolari abilità per capire che il suo visitatore è un poliziotto, le basta l’istinto, lo stesso che le dice che sono in arrivo cattive notizie.

-Miss Dakota North? Sono il detective Quentin Chase di Midtown Sud.- si presenta l’uomo –Sono qui per suo padre.-

-Cosa?- riesce solo a dire la ragazza.

-Che gli è successo?- chiede Bob Diamond.

            Il detective esita un attimo come se cercasse le parole giuste, poi si decide:

-È stato investito poche ore fa da un’auto pirata proprio qui di fronte.-

-È… è…- Dakota non riesce ad andare avanti.

-Le sue condizioni sono gravi ma è ancora vivo.- risponde Chase.

            Dakota non parla e Bob si chiede quali emozioni la agitino. Sembra calma e controllata quando infine dice:

-Devo vederlo.-

 

 

3.

 

 

            Mi hanno fornito un ufficio al St. Andrew’s Plaza sede della Procura Federale, proprio vicino a quello di Kathy Malper. Grazie ai poteri speciali che mi sono stati forniti mi sono portato dietro due assistenti dal mio studio: Bernadette Rosenthal e il mio investigatore di fiducia Willie Lincoln. Willie è nero ed anche è cieco come me. Prima di perdere la vista a causa di una granata era un poliziotto molto in gamba. Ha superato coraggiosamente il suo handicap ed ora mi aiuterà a far condannare Elektra.

            Se penso al compito che mi sono preso sulle spalle mi sento tremare. Amavo quella donna anni fa ed una parte di me ancora prova qualcosa per lei ma abbiamo preso strade diverse: io sono diventato un avvocato ed un vigilante mascherato e lei un’assassina a pagamento.

            Sento la segretaria messami a disposizione da Foggy bussare ed entrare.

-Mister Murdock…- dice -… c’è qui l’avvocato Byrnes che vuol parlare con lei.-

            Ne avevo già percepito la presenza. Timothy Byrnes è l’avvocato di Elektra. Non l’ha scelto lei ma uno dei suoi amici, un ex pugile di nome McKinley Stewart che gestiva la sua palestra. Willie ha provato a scoprire da dove vengano i soldi per pagarlo ma non ha trovato niente. Chissà cosa vuole.

-Lo faccia passare, Gladys.- rispondo.

            Tim Byrnes entra. Il suo battito è calmo, controllato. Ha imparato bene la lezione da Rosalind “Razor” Fist. La sua traspirazione tradisce al massimo un po’ di nervosismo.

-Grazie di avermi ricevuto Murdock.- mi dice mettendosi a sedere.

-Che posso fare per lei, Tim?- gli chiedo.

-Mi chiedevo se non potessimo discutere un accordo.-

-Che genere di accordo?-

-L’immunità per la mia cliente in cambio della sua testimonianza contro i suoi committenti.-

            Un classico caso in cui si lascia libero il pesce piccolo per prendere quello grande. Posso permettermi di ignorare questa occasione?

 

            Dakota North non parla mentre osserva il padre che giace su un letto d‘ospedale. Bob Diamond non può non chiedersi quanto le costi quell’apparente freddezza.

-Secondo i medici se la caverà.- le dice.

-Aveva detto che temeva ci fossero agenti corrotti nella Task Force congiunta Antiterrorismo della Polizia e del F.B.I.- dice lei a bassa voce –Doveva aver ragione ed hanno tentato di ucciderlo per questo. Troverò chi è stato e la pagherà cara.

            Il sangue non è acqua, pensa Bob, sembrava odiasse il padre e che fosse il loro rapporto la causa della sua corsa verso l’autodistruzione. Ma quello che sento ora nella sua voce e leggo nei suoi occhi è pura determinazione.

-Ti aiuterò baby.- dice l’attore.

            Lei lo guarda e quel che vede nel suo volto è una determinazione altrettanto forte.

-Grazie.- si limita a rispondere.

 

            Le prime ombre della sera calano rapide e mi trovano nei panni di Devil in piedi sul tetto del Palazzo di Giustizia di fronte al centro detentivo federale.

            Il vento mi porta l’inconfondibile profumo della mia attuale compagna: la letale superspia nota col nome di Vedova Nera.

-Benvenuta Natasha.- la saluto senza nemmeno voltarmi.

-Lo sai, vero, che se penso ad attività notturne con te, presidiare una prigione non è esattamente in cima alla lista?- replica lei sarcastica.

-Oggi hanno tentato di uccidere Elektra.- ribatto[2] -Voglio essere certo che nessuno ci riprovi dall’esterno. C’è molta gente che non sarebbe molto contenta di vederla testimoniare in un processo.-

-E nemmeno tu vuoi vederla morta, ti capisco Matt.-

-Niente nomi.- la ammonisco –Non siamo soli.-

            Ho appena finito di parlare che un’agile figura salta fuori dalle ombre. I miei sensi mi hanno già detto che è una donna piuttosto giovane e dai suoi movimenti capisco che è anche superbamente allenata. Non abbastanza però da sorprendere la Vedova, che evita facilmente un suo calcio rotante.

            L’assalitrice atterra elegantemente sui piedi come un gatto.

-Complimenti, ragazza…- le si rivolge Natasha -… ma io sono stata minacciata da veri esperti. Tu chi saresti?-

            Nella sua voce c’è un tono strano, quasi melodioso, quando risponde:

-Mi chiamano… Delilah.-

            A quanto pare il mio destino ultimamente è di aver fare solo con assassine esperte di arti marziali.[3]

 

 

4.

 

 

            Katherine Malper, Vice Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York esce dalla casa di William Hao verso le 8 e 30 del mattino.

            Il Procuratore Distrettuale di Manhattan resta a guardarla allontanarsi finché lei non è scomparsa all’orizzonte, quindi si dirige ad un armadio da cui tira fuori una scatola che apre con delicatezza estraendone una pistola.

            Con calma glaciale la carica e si siede su una poltrona. Contempla la foto sul camino che lo ritrae con moglie e figli e sospira. Lo sta facendo per loro, si dice.

            Un attimo dopo dall’interno della casa si ode uno sparo.

 

            Chiunque sia questa Delilah è un tipo in gamba. Quasi non sento quando estrae da delle fondine alle gambe due corti pugnali che ci scaglia contro. Solo la variazione del suo battito cardiaco mi mette sull’avviso quanto basta da evitarne uno e spingere Natasha fuori dalla traiettoria dell’altro.

-Non ce l’ho con voi ma state ostacolando il mio lavoro e non posso permetterlo. Ho una reputazione da difendere.-

            Di nuovo quel tono di voce strano che quasi mi confonde.

-La tua reputazione?- esclama la Vedova Nera saltandole addosso –Se non sbaglio è quella di una che si è fatta sconfiggere ripetutamente dall’Uomo Ragno.-

            Delilah evita il suo calcio e riesce ad afferrarle la caviglia e spingerla oltre il limite del tetto.

-Natasha!- urlo gettandomi dietro a lei.

            Lancio il cavo del mio bastone che si aggancia ad un cornicione mentre riesco ad afferrare Natasha alla vita.

            Delilah si affaccia dall’orlo del tetto e dice.

-Mi dispiace. Come vi ho già detto, non è una questione personale, è solo lavoro, nient’altro.-

            Sento qualcosa sibilare nell’aria e poi il rumore del cavo tranciato in due. Un attimo dopo io e Natasha stiamo precipitando.

            Se c’è una cosa che devo dire della mia compagna è che sa mantenere il sangue freddo. Sento il lieve rumore del sottile cavo d’acciaio che scatta dal suo bracciale destro e fa presa su un altro cornicione

Probabilmente è in grado di reggere il peso di entrambi ma non mi va di correre rischi, e la lascio andare.

-Matt… no!- urla lei.

Con un po’ di fortuna Delilah non l’ha sentita, ma non posso preoccuparmene adesso.

Mi chiamano l’Uomo senza Paura ma dovrebbero chiamarmi l’Uomo senza Cervello. Le mie chances di sopravvivenza sono legate ad un azzardo… come molta parte della mia vita del resto. A volte mi capita di pensare che se ci vedessi non oserei tentare metà delle cose che faccio perché avrei troppa paura. Questo è uno di quei casi.

Ascolto il vento, focalizzo il mio senso radar su un oggetto specifico, provo ad ruotare il mio corpo per avvicinarmi il più possibile ed allungo le mani. Le mie dita stringono il freddo acciaio di un’asta portabandiera. Roteo su me stesso portandomi in precario equilibrio sul palo. A questo punto un cavo d’acciaio mi penzola davanti al viso.

-Non perdere tempo.- mi intima la Vedova Nera –Sali!-

            Le do retta ed uso il cavo per arrampicarmi lungo la parete dell’edificio sino alla finestra da dove Natasha si sta sporgendo.

            Sono appena saltato all’interno della stanza che lei mi molla uno schiaffo.

-Non farlo mai più.- mi apostrofa –Mi hai fatto quasi morire dallo spavento.-

            I suoi segni vitali mostrano chiaramente quanto sia agitata. Tento la carta dell’ironia:

-Credevo che nulla potesse spaventare la letale Vedova Nera.-

-Idiota.- ribatte lei poi mi attira e sé e mi bacia.

-Ti sembra questo il momento?- le chiedo dopo.

-È sempre il momento.- ribatte lei ridendo –Su… torniamo ad occuparci di Delilah.-

            Ma quando arriviamo sul tetto non c’è più nessuno.

-Credi che l’abbiamo costretta a fuggire o pensi che abbia tentato comunque di entrare nella prigione?- mi chiede Natasha.

-Non è nelle vicinanze o la sentirei.- replico.

-Anche se fosse dentro la prigione?-

            Mi concentro più che posso escludendo ogni altro rumore in cerca di un unico battito cardiaco. Un trucco che ho tentato poche volte ma stavolta non dà risultati.

-Non la sento.- dico alla fine –E comunque, anche se fosse riuscita a penetrare nella prigione, forse dovrei temere più per la sua sorte che per quella di Elektra.-

-Se solo metà delle cose che ho sentito su di lei sono vere…- commenta la Vedova -… direi che hai ragione.-

            Temo che lo sapremo anche troppo presto.

 

            A volte il Detective di 1° Grado Peter Suschitziky vorrebbe che il suo lavoro fosse così glamour come appare in certi telefilm in cui i detective della Scientifica sono quasi dei semidei capaci di risolvere ogni caso partendo dal più misero degli indizi materiali. Purtroppo la realtà è spesso più prosaica.

            Mentre lascia l’appartamento di Bill Hao il suo sguardo incrocia quello di Kathy Malper e di una donna dai capelli rossi e l’aria cupa: il Vice Procuratore Distrettuale di Manhattan Grace Powell.

-Tutto a posto adesso.- dice loro -Il Medico Legale deve ancora uscire ma non c’è dubbio che il suo verdetto sarà: morte causata da un proiettile in testa.-

            Nessuno dei presenti ha nulla da commentare.

 

 

5.

 

 

            Richard Fisk contempla il panorama dalla finestra del suo studio. Negli anni passati si era chiesto spesso cosa avrebbe fatto se fosse stato al posto di suo padre. Jimmy Six gliel’aveva chiesto la prima volta che erano venuti lì insieme e lui aveva risposto: “Tutto quello che voglio”. Era il momento di dimostrarlo.

            Si volge verso gli altri due membri del suo triumvirato di potere: Jimmy Six e Cheryl Mondat e chiede:

-Siamo pronti a partire?-

-Da parte mia nessuna difficoltà.- conferma Giacomo Fortunato.

-Nemmeno per me.- aggiunge Cheryl –Mi auguro solo che quel giornalista faccia la sua parte.-

-Urich?- ribatte Richard -Una volta partito per una crociata non lo ferma più nessuno. Mio padre ci ha provato più di una volta ma senza successo.-

-Confermo.- interviene Jimmy Six –Urich è un mastino che non molla mai l’osso… purché resti vivo abbastanza per rosicchiarlo. In fondo è come se lo avessimo messo su un campo minato dandogli solo una mappa incompleta delle mine.-

-Di questo ti occuperai tu.- replica Fisk –Mantienilo vivo quanto basta.-

-Sarò la sua ombra.-

            Un’ombra un po’ ingombrante, magari, pensa il massiccio gangster sorridendo.

 

            La notizia della morte del Procuratore Distrettuale di Manhattan è di quelle che fanno la prima pagina. Brutto periodo per la Legge e l’Ordine di questi tempi: prima l’omicidio del precedente Procuratore Distrettuale Connie Ferrari per mano di un sicario della Mafia Russa, poi la morte di Adam Lane, il Capo del Dipartimento di Polizia, per colpa di Madcap, quindi l’incidente di mio fratello Foggy con anche un tentativo di ucciderlo… ed ora questo. Sono certa che qualcuno già pensa ad una cospirazione... e potrebbe anche aver ragione.

                Qui parlano di suicidio ma la cosa non mi convince. Non conoscevo Bill Hao ma da quel che ho trovato su di lui non mi sembra il tipo da uccidersi… e perché poi? Se c’è sotto qualcosa, val la pena di scoprirlo.

                Mi chiamo Candace Nelson, sono una giornalista investigativa e il mio istinto ha appena fiutato una storia.

 

E così eccoci arrivati qui al momento decisivo. Sento Elektra entrare in aula. Viene slegata e si siede accanto al suo avvocato. È sopravvissuta a due attentati alla sua vita[4] ed è molto probabile che ce ne saranno altri perché c’è gente spaventata da quello che potrebbe rivelare-in un processo ma lei non sembra preoccupata. Il suo battito cardiaco è calmo e rilassato. So che mi sta guardando e mi chiedo cosa stia pensando e se mai lo saprò davvero.

Ha annullato l’accordo che mi aveva proposto Tim Byrnes prima ancora che potessi rispondere e ha deciso di affrontare il processo dichiarandosi non colpevole. Il giudice, com’era prevedibile, ha rifiutato la libertà su cauzione. La scelta dei giurati è stata più facile del previsto ed ora siamo tutti qui: la rappresentazione sta per cominciare.

La mia assistente Bernie Rosenthal si china verso di me e mi sussurra:

-Sei pronto Matt?-

            Lo sono davvero? Mi hanno incaricato di far condannare il mio primo amore. Avrei potuto rifiutare ma non l’ho fatto ed ora non ho scelta: devo fare il mio dovere fino in fondo.

            Mi alzo in piedi e con voce stentorea dico:

-L’Accusa è pronta a cominciare, Vostro Onore.-

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Poche cose da dire su questa storia:

1)     Ritorna su queste pagine dopo una lunga assenza Padre Gawaine, sacerdote di origine irlandese di Hell’s Kitchen. Creato da Roy Thomas & Gene Colan su Daredevil Vol. 1° #68 datato settembre 1970 dove era un pugile in lizza per il titolo dei Pesi Massimi. In seguito Tony Isabella & Bob Brown su Daredevil Vol. 1° #119 datato marzo 1975, ci informarono che aveva abbandonato il ring per la tonaca. Un prete irlandese ex pugile? Sembra quasi un personaggio da film di John Ford. -_^

2)     Delilah è un personaggio creato da Tom De Falco & Mark Bagley su Amazing Spider Man #414. Oltre ad essere un’esperta combattente ha anche la strana caratteristica di evidenziare alcune parole con un tono particolare di voce reso nel testo con un carattere corsivo e vari colori. Dopo lo scontro con Devil e la Vedova Nera in questo episodio ha tentato di uccidere Elektra su Marvel Knights MIT #70.

3)     Candace Nelson cita una serie di eventi avvenuti nelle nostre storie: l’uccisione di Connie Ferrari per mano del killer russo chiamato il Confessore su Devil MIT #46, quella di Adam Lane per mano di un Occhio di Falco ingannato da Madcap su Occhio di Falco MIT #19, l’incidente di Foggy Nelson su Devil MIT #64 e l’attentato alla sua vita nel #65. Tutti eventi almeno apparentemente slegati tra loro ma che hanno comunque una luce sinistra.

Nel prossimo episodio: il processo ad Elektra entra nel vivo mentre Dakota North cerca chi ha attentato alla vita di suo padre e Ben Urich e Candace Nelson si mettono nei guai… tanto per cambiare. In più: il ritorno di un supercriminale dimenticato e tanti altri guai.

Vi aspetto.

 

 

Carlo

 

 

 



[1] Su Daredevil Vol. 1° #179 (In Italia su Fantastici Quattro, Star Comics, #13).

[2]  I particolari su Marvel Knights #70.

[3]  Vedi i recenti episodi della serie gemella Daredevil.

[4]  Sempre su Marvel Knights #70.